Contro .. e altro
La lotta al bracconaggio in Africa fa registrare «numeri che si avvicinano ai bollettini di una guerra». Un affare così ghiotto che ci si è buttato anche il terrorismo africano. A subirne le conseguenze, oltre ai ranger, sono le casse dei Paesi africani, che vedono il turismo sempre più sotto pressione.
Combattere il bracconaggio in Africa ha un costo. Anche in termini di vite umane. Tanto che «ogni anno sono centinaia le vittime fra bracconieri e ranger: numeri che si avvicinano più ai bollettini di una guerra». Il giro di soldi che gira intorno a questo crimine è altissimo e gli interessi in ballo sono enormi.
«Sono proprio le guerre, soprattutto quelle legate al terrorismo islamico africano, che usano il bracconaggio come fonte di reddito e di scambio»
E non è tutto: il business del bracconaggio colpisce duro sul turismo locale, che rappresenta un’importante voce del Pil di diversi paesi africani.
Bufale architettate ad arte o strafalcioni giornalistici? Le fake news, o notizie false, si propagano nel web in maniera sempre più esponenziale. Il giornalismo tradizionale, in lotta contro la disinformazione che più facilmente si diffonde in rete, mette in discussione la buona fede di certi contenuti ed insinua il complotto. Si tratta di post, articoli e tweet che dividono l’opinione pubblica su tematiche delicate e che plasmano a proprio piacimento la mente umana, per sua natura incline a credere a ciò che legge.
I social media e la condivisione compulsiva fanno poi da catalizzatori e la mole di notizie in circolazione non lascia spazio ad un’analisi più approfondita. Come risalire a fonti attendibili in questa giungla digitale ricca di contenuti ingannevoli e realtà distorte?
Si parla di land grabbing (accaparramento delle terre) quando una larga porzione di terra considerata “inutilizzata” è venduta a terzi, aziende o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano, spesso da anni, per coltivare e produrre il loro cibo. Uno scandalo che esiste da molti anni, ma che dallo scoppio della crisi finanziaria è cresciuto enormemente, spingendo nella fame migliaia di contadini del Sud del mondo, soprattutto nell'Africa Sub-Sahariana.
Dal 2008, cioè dallo scoppio della crisi finanziaria, il fenomeno del land grabbing è cresciuto del 1000%. La domanda per terreno vola: investitori cercano dove coltivare cibo per l’esportazione, per i biodiesel, o semplicemente per fare profitto. Non sempre l’acquisto di terre è un problema: ma lo è quando avviene senza informazione.
Molto spesso, poi, questi terreni comprati mandando via intere comunità, lasciandole senza terra e senza futuro, sono lasciati inattivi. Le promesse di risarcimenti non si avverano, le comunità rimangono a mani vuote mentre le grandi aziende incassano. Terreni che prima davano cibo e rifugio a molti sono recintati e rimangono inutilizzati. È uno scandalo. È ora di smettere, è ora di coltivare giustizia, è ora di dire basta all’accaparramento delle terre.
La moneta adottata da 14 Stati africani accusata di fare gli interessi di Parigi e limitare lo sviluppo delle ex colonie. Ma la realtà è più complessa.
La moneta, adottata oggi da 14 nazioni africani, è da anni oggetto di polemiche a livello locale così come nella stessa Francia. E ultimamente il dibattito è diventato internazionale, dopo che alcuni esponenti politici italiani hanno gettato benzina sul fuoco.
Ma qual è la realtà? Per comprenderlo, è bene innanzitutto fare un grande passo indietro. Fino al 1945, quando dopo gli accordi di Bretton Woods si decise di creare un’unione monetaria. Le 14 nazioni che ne fanno oggi parte sono ripartite in seno all’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) e alla Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC). Alle quali si aggiungono le Comore. In tutto sono circa 155 milioni di persone ad usare il franco CFA.
Al momento della sua creazione, l’acronimo significava “Franco delle colonie francesi d’Africa”. Oggi invece si parla di “Franco della Comunità finanziaria dell’UEMOA” e di “Franco della Cooperazione finanziaria dei Paesi CEMAC”. La valuta è ancorata all’euro secondo una parità fissa decisa dalla Francia. In cambio, i Paesi che l’adottano sono obbligati a depositare il 50% delle loro riserve valutarie presso il Tesoro di Parigi.
Il traffico illecito di armi uccide ogni anno in Africa 45.000 persone e alimenta i conflitti regionali nell’ovest del continente, secondo uno studio di Small Arms Survey, che analizza il periodo tra il 2012 e il 2017. «In Africa registriamo complessivamente 140.000 morti e omicidi dovuti ai conflitti armati ogni anno, tra cui 45.000, che equivale a un terzo, sono morti violente, causate dall’utilizzo illecito di armi da fuoco».
«Le armi e munizioni che provengono dal mercato nero oppure rubate in arsenali bellici non sufficientemente controllati alimentano il flusso di armi nell’Africa occidentale. I trafficanti si forniscono anche grazie alla produzione artigianale di armi da fuoco leggere o alla messa in circolazione di armi illegalmente detenute». Queste armi attraversano le frontiere per soddisfare le esigenze di gruppi estremisti molto violenti, tra cui Boko Haram, Al Qaeda, Ansar Dine e al-Murabitun.
La crisi in Libia ha svolto un ruolo importante nella destabilizzazione della regione del Sahel e «i movimenti delle riserve di armi dalla Libia verso i paesi del Sahel hanno contribuito al traffico illecito di armi». La crisi in Libia ha creato un flusso di armi di ogni genere che ha costituito un detonatore della crisi iniziata nel 2012 in Mali e la caduta del regime libico è all’origine del movimento di flussi di armi verso l’Africa occidentale.
La Bossi-Fini (Legge 30 luglio 2002, n. 189) è la legge che regola le politiche dell'immigrazione in Italia. È una normativa che è stata concepita per privilegiare la sicurezza (interna) a discapito dell'accoglienza, del tutto inadeguata a fronteggiare la massa migratoria di questi anni.
Tra il 2018 e il 2019 il primo governo Conte, ministro dell'interno Matteo Salvini, ha varato due decreti, decreto sicurezza uno e decreto sicurezza due, e che noi consideriamo le prime "leggi razziali" del XXI secolo. Leggi nate per fermare i flussi migratori e che in nome della "sicurezza", discriminano i migranti già in Italia, impedendo loro anche di seguire i già collaudati percorsi di integrazione.
La Bossi-Fini è la legge più restrittiva in assoluto tra tutti i paesi europei sul tema dell'accoglienza, per ben due volte condannata dall'Unione Europea per "violazione dei diritti umani". La stessa Amnesty International ha evidenziato questo fatto.
Una legge che non risolve il problema dei rinnovi dei permessi di soggiorno legati al lavoro con il rischio che intere famiglie, magari con figli nati in Italia, rischiano seriamente di essere espulse (se il capo-famiglia non può rinnovare il permesso di soggiorno magari solo perché ha perso il lavoro).
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